L’Intelligenza Artificiale e dei generatori d’immagini stanno seminando il panico tra i produttori di immagini. Le nuove tecnologie possono davvero soffiare via il lavoro ai creativi? L’arte contemporanea è destinata a morire? Io credo proprio di no.
Vi spiego qui le tre ragioni per cui l’arte non subirà grandi danni da parte delle AI.
Omaggio a Isaac Asimov, padre della fantascienza e ideatore delle tre leggi della robotica. Foto di Jormungaard.
Traduttori, copywriter e consulenti sono nel panico: sempre più professionisti sono soppiantati dalle AI. Una chiacchierata gratuita con ChatGpt, effettuata comodamente dal proprio divano, si rivela efficace quanto una consulenza legale o finanziaria, risparmiandoci un viaggio, una fila e il prezzo del servizio. A poco contano le preoccupazioni del governo e le limitazioni di PizzaGpt: sono moltissime le professioni che verranno spazzate via dall’ultima rivoluzione tecnologica. E a consolare i tanti lavoratori che dovranno reinventarsi non sono certo le previsioni di Elon Musk, che ha già detto più volte che tra il 2024 e il 2025 l’intelligenza artificiale supererà quella umana.
E il settore artistico? Che fine farà davanti a questa enorme rivoluzione tecnologica? Personalmente credo che sia quello meno intaccato, soprattutto per quanto riguardo l’arte contemporanea.
Sicuramente la mente umana non può contenere tutte le informazioni che ChatGPT ha in repertorio, ma ci permette di poterci dedicare ad attività con amore e personalità, traendo spunto dal nostro unico bagaglio d’esperienza soggettiva. Difficilmente l’intelligenza artificiale riuscirà ad acquisire la passione, la sensibilità e l’artigianalità che caratterizzano un prodotto creativo originale. Pensateci: le macchine riusciranno senz’altro a sostituire i compiti meccanici, matematici e logici ma difficilmente riusciranno a elaborare un nuovo pensiero filosofico, una riflessione politica sollevata da un’esperienza vissuta, un atto artistico illegale per cui non è stata programmata.
Nonostante in tanti abbiano urlato alla fine del mondo dell’arte a causa di alcune applicazioni che generano immagini, come Midjourney, ciò non sta succedendo. Vi elenco qui i tre motivi per cui, secondo me, l’arte contemporanea è un settore che non sarà danneggiato dalle AI.
Computional Art, “Conceptual Beaten Landscape wit Risin Vision” di Zone Patcher.
1. L’arte non è mai scomparsa
L’arte visiva e la musica sono sempre esistite. Non conosciamo nessun momento storico e nessuna popolazione, in cui queste due attività siano state temporaneamente sospese.
Se ci pensiamo, nella nostra società occidentale l’arte e la musica sono già sopravvissute a tantissime rivoluzioni industriali e tecnologiche, reinventandosi in maniera radicale. Pensiamo, ad esempio, a quando tra la metà e fine Ottocento si diffuse la fotografia, portando via il lavoro a innumerevoli artisti. In quel momento poteva sembrare davvero che l’arte stesse morendo: la pittura fino a quel momento si era dedicata prevalentemente a immortalare paesaggi, scene di vita quotidiana e ritratti, tutte attività sostituibili da un veloce click fotografico. Gli artisti persero realmente le loro commissioni, perché la gente iniziò a preferire il ritratto del fotografo, che gli permetteva di ottenere un risultato più fedele alla realtà, più veloce e a un costo molto conveniente.
L’arte è dunque morta? Assolutamente no! Ha assunto qualità ancora più interessanti poiché si è diretta verso nuovi orizzonti. Ha iniziato a staccarsi dalla copia realtà circostante per raccontare l’interiorità dell’essere umano, cioè tutto ciò che i nostri occhi e gli obiettivi delle macchine fotografiche non possono vedere. Nascono così artisti del calibro di Van Gogh, Munch, Cezanne, Gauguin e tutta l’arte a seguire. Da questo momento lo scopo dell’arte non è più quello di rendere il visibile, ma di rendere visibile.
Allo stesso modo gli artisti risponderanno all’Intelligenza Artificiale. Qualora questa riuscisse a sostituire un aspetto nel loro lavoro, si concentreranno su altro, ricoprendo nuovi ruoli e funzioni dell’arte nella società. L’arte sopravviverà quindi per la sua alta capacità di rigenerarsi e reinventarsi.
Vincent Van Gogh, “I grandi platani”, 1889. L’artista deforma la realtà per mostrare il suo stato d’animo.
2. Gli artisti amano la tecnologia
L’arte non è mai stata nemica delle nuove tecnologie, le ha sempre usate e annesse ai suoi scopi. È sbagliato vedere gli artisti come persone impaurite dalle nuove invenzioni: sono generalmente molto curiosi di provarle, analizzarle e utilizzarle per scopi insospettabili.
Torniamo un attimo all’esempio dell’invenzione della fotografia: sembrava togliere campo lavorativo agli artisti, invece in breve tempo furono loro ad appropriarsene e ad utilizzare questo mezzo per i loro obiettivi di comunicazione. Guarda a caso, oggi non c’è niente di più comune che andare a una mostra di fotografia, considerandola a tutti gli effetti una mostra d’arte.
Pur essendo le Intelligenze Artificiali appena nate, già parecchi artisti le stanno utilizzando. Alcuni di loro, addirittura, le usano già da molti anni! Un esempio è quello dell’Arte Generativa, che sin dagli anni ’80 vede artisti e collettivi progettare software che riproducono immagini in autonomia, seguendo regole e formule prestabilite. Si tratta di artisti con tutti i crismi, tant’è che fino al 26 agosto è in corso una mostra dedicata a Vera Molnár al Centre Pompidou di Parigi, probabilmente il museo d’arte contemporanea più importante d’Europa. Quest’autrice è stata una pioniera dell’Arte Generativa e della computer art, che attraverso elaborati algoritmi ha creato delle “Macchine Immaginarie” in grado di generare immagini coordinate di grande impatto.
L’artista può dunque assumere le vesti del programmatore senza alcun problema, o semplicemente della mente che suggerisce le coordinate per creare una suggestione, una riflessione sul nostro periodo storico e i problemi che lo attanagliano.
Gli artisti hanno da sempre utilizzato le nuove tecnologie, ci basti pensare alla Net.art, alla Post Internet Art, alla Robot Art, e giusto per citarne alcune che lavorano con il mondo dei computer e dell’automazione.
Per quanto riguarda a pittori e scultori, continuano a vendere i loro prodotti come prima, esattamente come sono sopravvissuti alla pittura digitale e alla stampante 3D. In contrapposizione al freddo mondo tecnologico, il calore umano della manualità artigianale è addirittura valorizzato.
Mostra di Vera Molnár, pioniera dell’Arte Generativa, alla Dam Gallery di Berlino nel 2014. Foto di DAM GALLERY.
3. Il Dadaismo ci ha salvato
Dopo il Dadaismo, la tecnica ha poca importanza. Questo movimento artistico, ormai ben metabolizzato dal sistema dell’arte, ha mandato in crisi il valore del talento. Ha dimostrato che si può fare arte con tecniche semplicissime, addirittura con un semplice ready made, senza prendere nemmeno una matita in mano.
Marcel Duchamp ha semplicemente portato un urinatoio in museo, un gesto che può fare chiunque. In questo modo ha ridefinito il ruolo dell’artista: non è colui che crea oggetti ma colui che ha dell’idee, che ci porta a un ragionamento. Con lui il significato dell’opera è diventato preponderante rispetto alla sua bellezza estetica.
Questo è il motivo per cui, oggi, Maurizio Cattelan è considerato un grande artista, mentre il suo scultore e ceroplasta Daniel Druet, no[1]. Insomma, il concetto è fondamentale.
Le AI possono quindi essere dei buonissimi strumenti tecnici per produrre immagini, ma non sostituiranno mai l’artista: colui che ha le idee e dà l’avvio al processo. La tecnica fine a se stessa non significa proprio nulla.
Math Art, “Vertigo I”, prodotta grazia all’Intelligenza Artificiale da Ross Hilbert.
Il problema reale e il movimento NO AI
L’Intelligenza Artificiale presenta però un’enorme criticità di cui non abbiamo ancora accennato: si appropria del lavoro dei creativi. Il problema riguarda in particolar modo il generatore d’immagini di Meta che elabora figure copiando ciò che gli utenti hanno condiviso sui social di competenza di Meta. Ne deriva che se un autore ha pubblicato un disegno su Facebook o Instagram, questo generatore d’immagini può appropriarsene, rubando il suo stile e i suoi soggetti.
Per questo motivo è nato il movimento NO AI, composto da tantissimi artisti digitali, grafici e illustratori che hanno rimosso i propri lavori dai social di Meta per evitare che questo generatore di immagini si appropri delle loro opere. I No AI si sono spostati in massa su Cara, un nuovo social network che funziona anche da portfolio, che permette agli autori di condividere in tranquillità le opere e gli elaborati personali, senza rischio di cessione indebita di dati.
Insomma, il problema principale tra artisti e Intelligenza Artificiale va a finire nell’enorme calderone del diritto d’autore, questione che si è complicata infinitamente dall’apertura di internet in poi.
Durante una conferenza al MAST di Bologna[2], Eva Mattes ha affermato che l’Intelligenza Artificiale è pirateria legalizzata: ruba i dati di tutti, non cita nessuno. Infatti, è impossibile farsi una chiacchierata con ChatGPT e capire da quale sito provengano le informazioni, vedere il nome di qualche fonte o qualche autore. Insieme alla scomparsa della privacy, la perdita della proprietà intellettuale su ciò che produciamo è un altro dei temi caldi di questo periodo storico. E tanti artisti si stanno già muovendo per analizzare il fenomeno e denunciarlo.
Eva e Franco Mattes, “The Bots”, 2022, opera che analizza alcuni aspetti inquietanti del web. Installazione video realizzata per la mostra “Vertigo” al MAST di Bologna, 2024.
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Se ti interessano artisti che lavorano con le nuove tecnologie vai agli articoli Net.art e Hacker Art: sogni e lotte della rete – Post Internet Art – Eva e Franco Mattes tra reale e digitale.
Se vuoi conoscere degli artisti che si occupano di un gruppo artistico legato alla robot art vai a Survival Research Laboratories.
[1] Di recente si è tenuta una disputa in tribunale tra Cattelan e Druet che ha ribadito che la legittima paternità artistica delle opere sia di Maurizio Cattelan.
[2] Eva e Franco Mattes in dialogo con Francesco Spampinato, Mercoledì 10 Aprile 2024, Fondazione Mast di Bologna.
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Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.