Risposta a F. T. Marinetti
(1912)
“Noi vogliamo glorificare la guerra,
sola igiene del mondo, il militarismo, il
patriottismo, il gesto distruttore dei
libertari, le belle idee per cui si muore
e il disprezzo per la donna.”
(Primo manifesto del futurismo)
L’umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Esse sono uguali. Tutte e due meritano lo steso disprezzo.
Il complesso dell’umanità non fu mai altro che il terreno di coltura dal quale balzarono i genii e gli eroi dei due sessi. Ma, nell’umanità come nella natura, vi sono momenti più propizi alla fioritura. Nelle estati dell’umanità, quando il terreno è arso di sole, i genii e gli eroi abbondano. Noi siamo solo all’inizio di una primavera; ci manca ancora una profusione di sole, cioè molto sangue sparso.
Le donne, come gli uomini, non sono responsabili dell’arenamento di cui soffrono gli esseri veramente giovani, ricchi di linfa e di sangue.
È assurdo dividere l’umanità in donne e uomini; essa è composta soltanto di femminilità e mascolinità.
Ogni superuomo, ogni eroe, per quanto sia epico, ogni genio per quanto sia possente, è l’espressione prodigiosa di una razza e di un epoca solo perché è composta, ad un tempo, di elementi femminili e di elementi maschili, di femminilità e mascolinità: cioè un essere completo.
Un essere esclusivamente virile no è altro che un bruto; un individuo esclusivamente femminile non è altro che una femmina.
Avviene delle collettività e dei momenti dell’umanità come degli individui. I periodi fecondi, in cui dal terreno di coltura in ebollizione balzano fuori in maggior numero genii ed eroi, sono periodi ricci di mascolinità e femminilità.
I periodo che ebbero solo delle guerre poco feconde d’eroi rappresentativi, perché il soffio epico si livellò, furono periodi esclusivamente virili; quelli che rinnegano l’istinto eroico, e che, rivolti verso il passato, s’annientarono in sogni di pace, furono periodi in cui dominò la femminilità.
Noi viviamo alla fine di uno di questi periodi. Ciò che manca di più alle donne come agli uomini è la virilità.
Ecco perché il Futurismo, con tutte le sue esagerazioni, ha ragioni. Per ridare una erta virilità alle nostre razze intorpidite nella femminilità, bisogna trascinarle nella virilità, fino alla brutalità.
Ma bisogna imporre a tutti, agli uomini e alle donne ugualmente deboli, un dogma nuovo di energia, per arrivare ad un periodo di umanità superiore.
Ogni donna deve possedere non soltanto le virtù femminili, ma delle qualità virili; altrimenti è una femmina. E l’uomo che ha soltanto una forza maschia, senza l’intuizione, non è che un bruto.
Ma, nel periodo di femminilità in cui viviamo, solo l’esagerazione contraria è salutare. Ed è il bruto che si deve proporre a modello.
Non più donne di cui i soldati debbano temere «le braccia in fiore che s’intrecciano alle ginocchia il mattino della partenza»; donne infermiere che perpetuino le debolezze e le vecchiezze, addomesticando gli uomini pei loro piaceri personali o pei loro bisogni materiali! Non più donne che facciano figli solo per sé stesse, riparandoli da ogni pericolo, da ogni avventura, cioè da ogni gioia; che disputano la loro figliuola all’amore e il loro figliuolo alla guerra! Non più donne, piovre dei focolari, dai tentacoli che esauriscono il sangue degli uomini e anemizzano i fanciulli; donne bestialmente amorose, che distruggono nel Desiderio anche la sua forza di rinnovamento!
Le donne sono le Erinni, le Amazzoni; le Semiramide, le Giovanna d’Arco, le Giovanna Hachette, le Giuditta e le Carlotta Corday; le Cleopatra e le Messalina, le guerriere che combattono più ferocemente dei maschi, le amanti che incitano, le distruttrici che spezzando i più fragili contribuiscono alla selezione, mediante l’orgoglio o la disperazione, «la disperazione che dà al cuore tutto il suo rendimento».
Che le prossime guerre suscitino delle eroine simili a quella magnifica Caterina Sforza che, mentre sosteneva l’assedio della sua città, vedendo dall’alto le mura il nemico minacciare la vita di suo figlio per obbligarla ad arrendersi, mostrando eroicamente il proprio sesso, gridò: «Ammazzatelo pure! Mi rimane lo stampo per farne degli altri!».
Sì, «il mondo è fradicio di saggezza», ma, per istinto la donna non è saggia, non è pacifista, non è buona.
Il suo intuito, la sua immaginazione, sono ad un tempo la sua forza e la sua debolezza. Ella è l’individualità della folla: fa corteo agli eroi, o, se questi mancano, sostiene gl’imbecilli.
Secondo l’apostolo, incitatore spirituale, la donna, incitatrice carnale, immola o cura, fa scorrere il sangue o lo terge, è guerriera o infermiera.
La stessa donna, in una stessa epoca, a seconda delle idee ambienti, raggruppate intorno all’avvenimento del giorno, si stende sulle rotaie per impedire ai soldati di partire per la guerra, o si getta al collo del campione sportivo vittorioso.
Ecco perché nessuna rivoluzione deve rimanerle estranea; ecco perché invece di disprezzare la donna, bisogna rivolgersi a lei.
È la conquista più feconda che si possa fare; è la più entusiasta, che, alla sua volta, moltiplicherà le reclute.
Ma si lasci da canto il Femminismo. Il Femminismo è un errore politico. Il Femminismo è un errore cerebrale della donna, un errore che il suo istinto riconoscerà.
Non bisogna dare alla donna nessuno dei diritti reclamati dal Femminismo. L’accordar loro questi diritti non produrrebbe alcuno dei disordini augurati dai futuristi, ma determinerebbe, anzi, un eccesso d’ordine.
L’attribuire dei doveri alla donna equivale a farle perdere tutta la sua potenza feconda. I ragionamenti e le deduzioni del Femminismo non distruggeranno la sua fatalità primordiale; non possono far altro che falsarla e costringerla a manifestarsi attraverso deviazioni che conducono ai peggiori errori.
Già da secoli si cozza contro l’istinto della donna, null’altro si pregia di lei che la grazia e la tenerezza. L’uomo anemico, avaro del proprio sangue, non le domanda più che di essere un infermiera. Essa si è lasciata domare. Ma gridatele una parola nuova, lanciatele un grido di guerra, e con gioia, cavalcando di nuovo l suo istinto, essa vi precederà verso conquiste inaspettate.
Quando le vostre armi dovranno servire, la donna le forbirà. Essa contribuirà di nuovo alla selezione.
Infatti se non sa ben discernere il genio, perché ne giudica dalla rinomanza passeggera, la donna seppe sempre premiare il più forte, il vincitore, colui che trionfa pei propri muscoli e pel proprio coraggio. Essa non si può sbagliare, su questa superiorità che s’impone brutalmente.
Riacquisti la donna la sua crudeltà e la sua violenza che fanno ch’ella si accanisca sui vinti, perché sono vinti, fino a mutilarli. Cessate di predicarle la giustizia spirituale che invano s’è sforzata d’acquistare.
Donne, ridiventate sublimemente ingiuste, come tutte le forze della natura!
Liberate da ogni controllo, ritrovate il vostro istinto, voi riprenderete posto tra gli Elementi, opponendo la fatalità alla cosciente volontà dell’uomo.
Siate la madre egoista e feroce, che custodisce gelosamente i suoi piccoli avendo su di loro ciò che si chiama i diritti e i doveri, finché essi abbiano fisicamente bisogno della sua protezione.
Che l’uomo, liberato dalla famiglia, viva la propria vita d’audacia e di conquista, non appena ne abbia la forza fisica, e quantunque sia figlio, e quantunque sia padre.
L’uomo che semina non si ferma sul primo solco che feconda.
Nei miei Poèmes d’Orgueil, come nel La Soif et les Mirages, io ho rinnegato il sentimentalismo come una debolezza spregevole, perché lega delle forze e le immobilizza.
La lussuria è una forza, perché distrugge i deboli, eccita i forti a spendere energie, dunque al loro rinnovamento. Ogni popolo eroico è sensuale:la donna è per esso il più esaltante trofeo.
La donna deve essere madre o amante. Le vere madri saranno sempre amanti mediocri, e le amanti saranno madri insufficienti per eccesso. Uguali di fronte alla vita, queste due donne si completano. La madre che riceve il figlio fa, con del passato, dell’avvenire. L’amante dispensa il desiderio che trasporta verso il futuro.
COCLUDIAMO:
La donna, che colle sue lagrime e il suo sentimentalismo ritiene l’uomo ai suoi piedi, è inferiore alla prostituta che spinge il suo maschio per vanagloria a conservare col revolver in pugno la sua spavalda dominazione sui bassi fondi della città. Questa femmina coltiva almeno una energia che potrebbe servire migliori cause.
Donne, per troppo tempo sviate fra le morali e i pregiudizi, ritornate al vostro istinto sublime: alla violenza e alla crudeltà.
Per la fatale decima del sangue, mentre gli uomini guerreggiano e lottano, fate dei figli, e, tra essi, in olocausto all’Eroismo, fate la parte del Destino.
Non li allevate per voi, cioè per la loro diminuzione, bensì in una larga libertà, per uno sviluppo completo.
Invece di ridurre l’uomo alla servitù degli esecrabili bisogni sentimentali, spingete i vostri figliuoli e i vostri uomini a superarsi. Siete voi che li fate. Voi avete su di loro ogni potere.
All’umanità dovete degli eroi. Dateglieli!
Parigi, 25 Marzo 1912
Avenue de Tourville, 19
DIREZIONE DEL MOVIMENTO FUTURISTA:
Corso Venezia, 61 – Milano[1]
[1] Valentine De Saint-Point, Manifesto della donna futurista, 1912, in Viviana Birolli (a cura di), Manifesti del futurismo, ed. Abscondita, 2008, Milano, pp. 46-50
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