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INTERVISTA A NICOLA ALESSANDRINI

Tra animali e società

Susanna Luppi21 Novembre 2020

Nicola Alessandrini è un artista di fama internazionale coinvolto in “Secondo Tempo”, progetto che vede protagonista il Victoria Cinema di Modena. Lunedì 9/11 gli abbiamo rivolto qualche domanda, addentrandoci nella sua ricerca poetica personale e scoprendo cosa si cela nel suo immaginario, tra fantastico e coscienza sociale.

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Nicola Alessandrini, King Kong, per il progetto Secondo Tempo, presso il Victoria Cinema (Mo), 2020

 

In questo progetto per il cinema Victoria ogni artista ha a disposizione 1/4 di edificio da trasformare. Com’è avvenuta l’ideazione del tuo soggetto? È stato definito in collaborazione con gli altri artisti o ognuno di voi ha agito indipendentemente?

 

C’è stata una prima fase in cui ci siamo confrontati tra di noi per non sovrapporre soggetti e tematiche, anche se ognuno di noi lavora in modo talmente specifico che questo problema non si è mai verificato. Una volta definiti i temi principali, li abbiamo proposti alla direzione del cinema, che in un primo momento li ha bocciati perché considerati un po’ troppo da “cinema d’essai”. Ci hanno così fornito un elenco di film da cui ognuno di noi ha scelto dei macro-temi e dei macro-soggetti.

Io nello specifico ho scelto la rappresentazione delle creature fantastiche perché mi hanno sempre affascinato; mi sarebbe piaciuto lavorare in una rilettura iconografica di queste figure, che non è potuta avvenire poiché è stata richiesta espressamente la riconoscibilità del singolo soggetto.

Penso che comunque ognuno di noi all’interno del lavoro abbia messo molto della propria estetica. Quindi, a livello formale, c’è stata una mediazione abbastanza buona tra la direzione e ogni singolo artista.

 

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Nicola Alessandrini, Ippogrifo, per il progetto Secondo Tempo, presso il Victoria Cinema (Mo), 2020

 

Le tue opere murali sono molto diverse dai classici dipinti dei writers. Integrano pittura, illustrazione, disegno…

 

Il muralismo contemporaneo si discosta molto da quello che è il writing. Alcuni degli artisti che stanno lavorando a questo progetto vengono dal writing, mentre sia io che Zamoc veniamo dal mondo della pittura. Nel nostro caso, l’approccio del fare arte in strada è mediato dalla pratica del dipingere, dall’illustrazione – ad esempio, Zamoc è anche un bravissimo fumettista.

Ormai i linguaggi sono molto mescolati.

Nicola alessandrini a Roma

Nicola Alessandrini e Gio Pistone, dettaglio di “Hic Sunt Leones”, Casa dell’architettura, Roma, 2013. 

 

Al di là della tecnica che usi, i tuoi soggetti solitamente hanno una cosa in comune: sembrano identità in mutazione, in cui il corpo umano accoglie elementi estranei, spesso animali o vegetali. Mi vengono in mente corpi femminili con teste da anatra, uomini scimmia o con la testa da toro.

Sembrano realtà mutanti, multiformi, a volte legate alla mitologia. Qual è il senso che attribuisci a questi esseri multiformi?

 

Ho vari filoni di lavoro. Ad esempio, un periodo ho lavorato con la fusione “persona-animale” selezionando solo gli animali che si mangiano. Era una serie di lavori che proponevano il corpo come corpo consumabile, corpo politico, corpo che viene masticato dalla società.

Non mi interessa la mutazione in sé e neanche il discorso sull’identità; mi piace inserire all’interno dell’identità degli elementi estranei, di disturbo. Non mi interessa neanche il ritrattismo, preferisco una riflessione più ampia sull’essere umano. Gli animali ed altri elementi esterni mi servono per estraniare la figura umana e portarla su un piano più politico, più sociale e meno individuale.

 

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Nicola Alessandrini MAAM, Roma, 2013

 

Il mondo animale e vegetale torna spessissimo nelle tue opere, mischiandosi con il corpo umano. Nelle favole medioevali il parallelismo uomo-animale serviva a sottolineare delle caratteristiche psicologiche dei soggetti. Il mondo naturale ha dei significati simbolici anche nella tua opera?

 

In questo senso, no. Proprio perché non mi interessa parlare di caratteri. Preferisco parlare di carne piuttosto che di animali e la carne è la cosa più simile a noi, però asservita alla nostra vita.

In altre opere la figura animale è usata in modo diverso. Da qualche anno porto avanti un lavoro con la mia compagna che si chiama Specie Migranti, dove mescoliamo figure di uccelli, anatre, pesci – cioè animali migratori – a corpi umani. Queste figure sono vestite con abiti e textures ripresi dai pattern culturali di tanti popoli. Sono lavori che nascono quasi sempre da laboratori con migranti, soprattutto ragazzini; loro ci portano i materiali che noi riproponiamo nelle opere. In questo caso, l’animale migrante è messo in rapporto con la persona che migra per cercare condizioni di vita migliori. Come l’animale migra in territori più caldi per via della stagione troppo fredda, così l’uomo ha sempre migrato per via delle carestie, del clima e tante altre cause legate alla sopravvivenza.

Dunque, anche in questo caso, il parallelismo uomo-animale è funzionale ad una metafora sociale. Il nostro lavoro non vuole dare una soluzione politica ma vuole creare una riflessione e una consapevolezza.

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Nicola Alessandrini e Lisa Gelli, Specie migranti, per Vedo a Colori Festival, Civitanova Marche (MC), 2017

Nicola alessandrini

Nicola Alessandrini e Lisa Gelli, Specie migranti, per La via della lana, Fellina (TV), 2019

 

In alcune rappresentazioni ho notato una sorta di “dualismo”: una componente organica che impatta con una dimensione più eterea, immateriale.

Tu prediligi una delle due realtà? O preferisci mantenerle in equilibrio?

 

Ho una formazione anche da grafico per cui sono molto interessato a risemplificare forme e astrarre alcuni particolari. L’astrazione delle forme porta per contrasto a comprendere meglio un contenuto. Ad esempio, in tutta la scrittura giapponese un disegno riesce ad esprimere dei concetti, il segno perde la sua natura figurativa e diventa quasi astratto. Unire il concreto all’astratto aiuta ad ampliare il significato.

Nicola Alessandrini

Nicola Alessandrini, illustrazioni patchwork di cose vecchie e nuove per Qui(e)t Magazine Issue #2Â , 2012

 

Il tuo stile mi ricorda il dilemma “carne Vs mente” ricorrente nell’immaginario Cyberpunk; ti sei mai interessato a questo filone letterario?

 

Quando ero più giovane, assolutamente sì! Anche da appassionato del mondo della fantascienza. Il Cyberpunk è spesso ambientato intorno al 2020; non siamo andati così avanti dal punto di vista del medium tecnologico ma molte problematiche sollevate da questo immaginario si stanno realmente verificando; mi riferisco, ad esempio, alla perdita d’identità nella rete e, allo stesso tempo, alla rete che e ci descrive e ci profila.

 

 

Ultima domanda, di solito come reagiscono gli spettatori di fronte alle tue opere?

 

In mille modi differenti, da reazioni negative a molto positive e spesso cambiano da contesto a contesto. I lavori sulle Specie Migranti, che per contro sono i lavori più colorati e visibilmente più piacevoli, sono quelli che molto spesso suscitano reazioni  più negative per l’argomento trattato: ci presentiamo dentro i quartieri come persone che lavorano con i migranti ed il progetto è politicamente connotato. Mentre, altri lavori cupissimi, molto pesanti, presentano reazioni inaspettate come “Oh, come hai dipinto bene!”. Quindi sì, dipende da progetto a progetto; in ogni caso ci sono sempre risposte differenti.

nicolaalessandrini

Nicola Alessandrini, olio e grafite su carta, in mostra per Vagiti Ultimi, “Latenti Numeri”, Palazzo Ducale, Atri (Te), 2013

Della mia carne, Nicola Alessandrini

Nicola Alessandini, Dalla mia carne, galleria Portanova12 di Bologna, 2015.

Nicola Alessandrini

Nicola Alessandrini e Gio Pistone, dettaglio di “Hic Sunt Leones”, Casa dell’architettura, Roma, 2013. 

Ringraziamo Nicola Alessandrini per la pazienza, la simpatia e la gentile concessione delle immagini!

 

 


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Susanna
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