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LA STORIA DEL CORNO ROSSO

La vita virtuale di un'opera d'arte

Chiara Righi27 Marzo 2018

L’essere umano ha avuto tanti palcoscenici su cui raccontare delle storie: la piazza, il libro, il vestito, il cinema e il teatro. Oggi ha trovato un luogo in più dove comunicare: il social network. E’ lì che la vita si fa spettacolo, viene raccontata, inscenata e romanzata. Se i social network diventano il luogo della fantasia in cui raccontare storie che crescono di giorno in giorno, di post in post, può succedere che prendano voce anche personaggi improbabili, come oggetti che nel mondo reale non godono di una coscienza, o magari personaggi defunti, o perché no, un’opera d’arte. Ed è proprio in quest’ultima ipotesi che su facebook ha preso vita il famigerato “corno rosso di Caserta”, un’opera d’arte realizzata da Lello Esposito, intitolata “Good luck Caserta“, vittima e artefice di uno scandalo smisurato.

 

Ricapitolando in breve la sua vicenda, quest’inverno proprio sotto le vacanze natalizie, una specie di peperoncino di un rosso sgargiante alto 13 metri è apparso davanti alla reggia di Caserta, relazionandosi ironicamente con l’edificio storico che sta lentamente cadendo a pezzi nell’incuranza generale. Viene inserito all’improvviso nel contesto culturale campano, notoriamente legato alle superstizioni, sottolineando lo stato d’abbandono e di degrado in cui versa il patrimonio artistico italiano: un’opera d’arte in ironica solidarietà a un’altra opera d’arte. Un augurio cinico davanti alla decadenza di una città, che lasciata al proprio destino può sperare solo in una botta di fortuna.

Personalmente l’ho trovata geniale. Mi sembrava un lavoro pop ironico, fresco e azzeccato, anche se esteticamente un po’ grezzo. Non voglio addentrarmi nella problematica dei permessi concessi o meno dalla Sovrintendenza dei beni culturali; preferisco fare una breve riflessione sulla reazione della cittadinanza, ovvero ciò che continua a far vivere il suddetto lavoro artistico a livello culturale.

 

Dal momento in cui il monumento è stato innalzato, è scoppiato uno scandalo esagerato: i casertani si sono sentiti offesi, i non casertani rivogliono i soldi (72.500 euro incluse le spese d’installazione e di illuminazione, equivalenti a un appartamento di piccole dimensioni o se preferiamo a 4/5 dello stipendio mensile di Balotelli), i giornalisti dicono che è uno scempio nei confronti della reggia, i blog di discussione vengono aperti all’insegna dell’insulto libero contro l’opera. Successivamente il corno rosso è stato preso di mira da svariati atti vandalici di casertani che, invece di vedervi un enorme porta fortuna, lo hanno preso come un insulto alla loro cultura.

Il mese successivo, “Good luck Caserta” viene rimosso dall’amministrazione comunale per essere ristrutturato. Il sindaco promette che non appena il monumento sarà tornato in sesto verrà riposizionato, ma da quel momento non si è più vista traccia dell’opera, per lo meno non nel mondo reale.

 

Nel frattempo il corno pare essersi invece iscritto su facebook, dove lascia sue notizie e ci aggiorna sulle sue attività. Tutto ciò ovviamente ad opera di un gruppo di ragazzi, che non si pongono né contro né a favore del corno ma direttamente nei suoi panni. Il corno rinasce quindi sul web e scopre di essere musa di registi e musicisti, come “amore amore un corno” di Mia Martini e Claudio Baglioni, oppure di essere una super star per turisti, rivestito di striscioni e infine abbattuto. Il corno parla, scherza e ci fa gli auguri di Natale. Il corno ha preso vita nell’unico modo possibile: quello ironico, nella stessa modalità d’operazione con cui è stato concepito dal proprio artista.

 

Mi ha colpito questa storia in quanto non credo che a livello della vita reale nessuno abbia ancora decodificato bene cosa significhi la vicenda di “Good luck Caserta”. A me solleva un’infinità di preoccupazioni riguardo all’ignoranza con cui gli italiani si relazionano al settore culturale, all’attenzione con cui se ne tengono a distanza. Balza agli occhi come l’arte contemporanea, che ci rispecchia in modo così palese, abbia lanciato un’ennesima provocazione che se ne sta lì sospesa nella promessa di un “ritorno dell’opera” che forse non avverrà mai.

 

Davanti a questa situazione ho piacere di osservare come l’unica risposta positiva e sensata non sia arrivata dai critici d’arte, dagli storici della Sovrintendenza dei beni culturali o dai giornalisti, ma dal basso, dove nessuno sospettava: tramite un social network l’arte può continuare a vivere anche se non c’è più, basta che qualcuno ne parli, oppure che la faccia parlare, come in questo caso. Inoltre, riuscendo a decodificare il sarcasmo che scaturiva da tutta la situazione paradossale, i ragazzi della pagina “il corno rosso di Caserta” sono riusciti a creare un rapporto affettivo con l’opera, che fino a quel momento era solo oggetto d’odio. Dando una voce a questo monolite storto, eccentrico e indesiderato, ne hanno fatto un amico della città, che aspetta i casertani per i party in piazza e che condivide con loro i terremoti senza cascare per terra. Proprio quello di cui avrebbe bisogno l’arte urbana oggi: comunicare e relazionarsi individualmente con le persone, scendendo dal suo piedistallo. Sarebbe meraviglioso se il web riuscisse veramente a sopperire a questa mancanza, riportando l’arte tra la gente, riappropriandosi della cultura. Dal mio punto di vista, il gesto puntuale di questi ragazzi ha aperto una nuova prospettiva di vivere l’arte e la città, che forse dovremmo imparare a sfruttare più approfonditamente.

 

Attualmente il corno non ci aggiorna sulle sue condizioni da un po’; ma non preoccupatevi, ci ha assicurato “() non posso lasciarvi soli. Non temete, corno subito!”


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Chiara
Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.
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