Carlo Carrà (1881-1966) è stato un pittore e docente italiano che ha preso parte sia al movimento futurista, sia a quello della metafisica. È considerato l’ideatore teorico della pittura metafisica insieme a Giorgio De Chirico.
Carlo Carrà prese parte al movimento futurista per sei anni. In questo periodo collaborò con la rivista Lacerba e alla stesura di diversi manifesti. Realizzò dipinti dinamici, dalle immagini vorticose che si avvicinavano alla pittura divisionista, influenzate dalla sua amicizia con Umberto Boccioni.
La sua opera più nota di questo periodo s’intitola “Funerali dell’anarchico Galli“, ucciso durante lo sciopero generale del 1904. Infatti, questi sono gli anni in cui Carrà si avvicina al movimento anarchico, fede politica che rinnega negli anni seguenti arrivando ad aderire al fascismo.
Il distacco dal Futurismo avviene nel 1916, incontra De Chirico a Ferrara e si avvicina alla pittura metafisica. Da questo momento abbandona definitivamente i temi della velocità e del dinamismo, vivendo una sorta di “ritorno all’ordine”. Porta avanti con convinzione, insieme a Giorgio De Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis, un’estetica dai riferimenti colti che da luogo a una sospensione temporale e a una sensazione enigmatica di perdita dei punti di riferimento.
I suoi dipinti metafisici più caratteristici sono ambientati in spazi chiusi e claustrofobici, simili a scatole. In queste opere non appaiono elementi organici, solo manichini e quelli che sembrano essere strani oggetti di scena. Le fughe prospettiche si moltiplicano e si fanno impossibili, immerse in un’atmosfera estemporanea.
Nel 1922, Carrà vive una nuova svolta che lo porta ad abbandonare anche la metafisica. Spinto dal desiderio di “essere soltanto se stesso” e non aderire più a nessun movimento collettivo, Carlo Carrà si dedica in particolare alla pittura di paesaggio. È attratto soprattutto dai paesaggi marini e a quelli montanari, che diventano i suoi temi più ricorrenti.
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