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NAN GOLDIN PENALIZZATA PER IL SUO ATTIVISMO PRO PAL

La censura nel sistema dell'arte

Chiara Righi5 Ottobre 2025

Nan Goldin si è battuta per molte cause, ma quella ProPal le sta costando davvero cara. Se contro la potente famiglia Sackler sembrava averla spuntata, questa volta politica e istituzioni occidentali la ostacolano, mostrando il volto autoritario che imbavaglia l’intero sistema dell’arte.

Soundwalk Collective with Nan Goldin, HAU 1, CTM.15 Festival – © CTM/marco microbi/photophunk.com 2015

Ritratto di Nan Goldin scattato da  nel 2015. 

 

 

Mentre il popolo palestinese subisce un massacro indiscriminato, nel mondo occidentale si palesano altri gravi problemi: l’autoritarismo e la censura. Protestare contro il genocidio palestinese e la politica di Netanyahu non è tollerato nemmeno nel campo artistico.

Prestando attenzione al sistema dell’arte statunitense, ci accorgiamo che gli artisti hanno la bocca tappata. Chi tra loro si schiera a favore del riconoscimento dei diritti del popolo palestinese rischia di essere tagliato fuori dal mercato dell’arte, in un imbarazzante silenzio collettivo. I consigli d’amministrazione che gestiscono i musei pubblici e le fondazioni private non sembrano gradire alcuna forma di contestazione legata a Gaza.

 

Il tema Palestina è talmente caldo che non sono solo gli artisti emergenti a rischiare di giocarsi la carriera, ma addirittura quelli consacrati al grande pubblico da una consolidata fama internazionale. È il caso della fotografa Nan Goldin, che ha deciso di non rimanere a guardare lo sterminio in corso e di utilizzare la propria cassa di risonanza mediatica per denunciare i soprusi subiti dal popolo palestinese. Le conseguenze sul suo lavoro si sono fatte immediatamente sentire, come racconta lei stessa:

Personalmente, la mia carriera è crollata. Il mio mercato è crollato da un giorno all’altro a causa del mio sostegno alla Palestina. Ho scoperto che molti ricchi collezionisti di New York sono sionisti.[1]

Nan Goldin

Nan Goldin è un’artista celebre fin dagli anni ’80. Foto di Kris Lyseggen del 2010.

 

 

 

Da quando Nan Goldin ha abbracciato l’attivismo pro-Palestina, ha subito notato che qualcosa non andava. Nel 2023 è stata tra i firmatari di una lettera fatta circolare in rete da Artforum, in cui 2.000 artisti, scrittori e attori chiedevano ai leader mondiali di attivarsi per un cessate il fuoco a Gaza. Una lettera che ha causato un forte sdegno nella comunità artistica israeliana, poiché non conteneva una denuncia nei confronti dell’attacco terroristico del 7 ottobre né un’aperta condanna contro Hamas[2].

Le reazioni negative suscitate hanno portato al licenziamento del caporedattore della rivista Artforum. Nan Goldin commenta l’avvenimento dicendo:

Sono rimasta scioccata. Non sapevo che non si potesse parlare.[3]

 

I problemi per la fotografa iniziarono quello stesso anno, quando rifiutò un lavoro per il New York Times, accusando il giornale di essere filo-israeliano e di filtrare le notizie da una prospettiva di comodo. In quest’occasione l’artista avrebbe dovuto realizzare uno scatto per la copertina dell’inserto Sunday, ma si rifiutò “a causa della copertura del New York Times sulla guerra a Gaza, che mostra complicità con Israele, per quello che riferiscono e non riportano, e per come mettono in dubbio la veridicità di ciò che dicono i palestinesi.[4]

Sembra che sia stato questo episodio a crearle i primi problemi rilevanti con il mercato dell’arte statunitense, da cui ha iniziato a essere esclusa. Goldin riferisce che i collezionisti abbiano iniziato a boicottarla e che uno di loro le abbia addirittura restituito le opere acquistate in precedenza in segno di disprezzo.

Nan Goldin_Protesta-al-Louvre

Nan Goldin ProPal e non solo: la foto la mostra durante una contestazione contro la famiglia Sackler.

 

 

Se il mercato dell’arte statunitense ha mostrato un volto autoritario e apertamente sionista, l’Europa non si è mostrata più solidale.
Il 22 novembre 2024 la fotografa ha suscitato un grande scandalo in Germania durante l’inaugurazione della sua mostra alla Neue Nationalgalerie, per aver accusato Israele di commettere un “genocidio”. Le sue parole furono aspramente criticate sia dalla Germania conservatrice sia da quella progressista, così come dalle alte cariche istituzionali del mondo artistico. Hermann Parzinger, direttore della Fondazione del Patrimonio Culturale Prussiano, definì i termini di Nan Goldin «insopportabili e unilateralmente pericolosi[5]», mentre Joe Chialo, ministro della Cultura di Berlino, commentò il discorso stravolgendolo e facendolo passare per antisemita (paradossale, se consideriamo che la Goldin è lei stessa di origine ebraica!).

 

Non stupisce sapere che proprio in quel momento la Germania stava discutendo una legge che legalizza la repressione di chi contesta la politica violenta israeliana, facendola passare come una norma contro l’antisemitismo. Non a caso, nello stesso periodo, diversi artisti filo-palestinesi denunciano di essere stati censurati. Nan Goldin ha fatto emergere anche questa tendenza all’imbavagliamento degli autori, accusando la politica di voler confondere il termine “antisionismo” con “antisemitismo”, proprio per mettere a tacere chiunque critichi il governo israeliano.

Nan_Goldin

Celebre scatto degli anni ’80 tratto da uno slideshow di Nan Goldin. Già allora l’artista lottava per il riconoscimento dei diritti della comunità Queer. 

 

Nell’autunno 2025, Dazed ha pubblicato un’intervista dell’artista in dialogo con Mahmoud Khalil, attivista aggredito dalle forze dell’ordine e incarcerato per il suo ruolo nelle proteste pro-Palestina alla Columbia University. In quest’occasione, Nan Goldin denuncia una guerra economica nei suoi confronti, finalizzata a metterla a tacere:

Dal punto di vista finanziario, è spaventoso. Ho uno studio che sostengo, quindi ho sette persone che vivono del mio stipendio e tengo molto a loro. (…) È una questione di economia e vogliono solo che io stia zitta. E io non ho assolutamente intenzione di star zitta.[6]

Tutto ciò è davvero spaventoso e dimostra come il settore artistico e culturale dei Paesi occidentali non promuova né l’esercizio critico né la libera espressione. Se nemmeno un’artista celebrata e già storicizzata come Nan Goldin può permettersi di proferire parola su questo tema, possiamo immaginare il silenzio a cui sono sottoposti gli artisti meno in vista, minacciati dall’oblio. È così che ci troviamo costantemente davanti a proposte artistiche innocue, frivole, socialmente inutili.

 

Nella vicenda legata a Nan Goldin, un aspetto positivo sta emergendo in questi ultimi mesi. Mentre le cariche istituzionali continuano a ostacolare il suo attivismo, sempre più civili la sostengono, presentandosi con bandiere palestinesi e supportando i suoi interventi pubblici. Grazie al sostegno dei comuni cittadini, molti altri artisti stanno trovando il coraggio di organizzarsi e di esprimere il proprio appoggio ai progetti umanitari nella Striscia di Gaza, nonché alla Global Sumud Flotilla, tanto disprezzata dalla classe dirigente.

La battaglia condotta dal basso è dunque fondamentale per ottenere una reale libertà d’espressione anche nel settore artistico e culturale. Ora che autoritarismo e censura si sono palesati, è necessario mantenere alta l’attenzione. L’arte ha anche una funzione sociale, come quella di dare una voce a chi non può parlare: soffocarla è un crimine contro l’umanità.

 

 

“Finché la gente di Gaza urla, dobbiamo gridare più forte in modo che possano sentirci, indipendentemente da chi tenta di metterci a tacere.[8] ” 

Nan Goldin       

 

 

 

 

 

 

Per saperne di più vi consigliamo di leggere l’intervista di Nan Goldin e Mahmoud Khalil pubblicata da Dazed.

 

Curiosità: l’artista continua a supportare diverse campagne in sostegno della popolazione palestinese e a parlare della situazione non appena ne ha l’occasione. La troviamo anche impegnata sul fronte di difesa degli animali, poiché partecipa a  Pictures for purpose, un progetto in difesa del l’unico rifugio per animali della striscia di Gaza, fondato da Saeed Al-Err[7].

 

 

Per conoscere meglio Nan Goldin puoi leggere l’articolo dedicato al suo film biografico Tutta la bellezza e il dolore – il film di Nan Goldin e quello sulla sua ricerca artistica degli ultimi anni Che fine ha fatto Nan Goldin.

 

 

 

 

[1] Cit. Nan Goldin, intervista pubblicata sul numero autunnale 2025 Dazed, su https://www.dazeddigital.com/life-culture/article/68556/1/mahmoud-khalil-nan-goldin-palestine-students-dazed-autumn-2025-issue-interview.

[2] Cfr. redazione Finestre sull’Arte, “Guerra Israele-Hamas, è scontro anche nella comunità artistica”, 24/10/2023, https://www.finestresullarte.info/attualita/guerra-israele-hamas-scontro-comunita-artistica

[3] Cit. Nan Goldin, intervista pubblicata sul numero autunnale 2025 Dazed, su https://www.dazeddigital.com/life-culture/article/68556/1/mahmoud-khalil-nan-goldin-palestine-students-dazed-autumn-2025-issue-interview.

[4] Cit. Nan Goldin riportata su Finestre sull’Arte, articolo pubblicato della redazione, “Nan Goldin annulla commissione per il New York Times: complici di Israele”, 12/11/2023,  https://www.finestresullarte.info/attualita/nan-goldin-annulla-commissione-new-york-times-complici-israele

[5] Cit. redazione Exibart, “Nan Goldin scatena le polemiche alla Neue Nationalgalerie: parla di Gaza e critica apertamente la Germania”, 22 Novebre 2024, https://www.exibart.com/attualita/tensioni-alla-neue-nationalgalerie-nan-goldin-interviene-sulla-guerra-a-gaza/

[6] Cit. Nan Goldin, intervista pubblicata sul numero autunnale 2025 Dazed, su https://www.dazeddigital.com/life-culture/article/68556/1/mahmoud-khalil-nan-goldin-palestine-students-dazed-autumn-2025-issue-interview.

[7] https://picturesforpurpose.org/nan-goldin-sulala/

[8] Cit. Nan Goldin in risposta al New York Times, riportata da Finestre sull’Arte, articolo pubblicato della redazione, “Nan Goldin annulla commissione per il New York Times: complici di Israele”, 12/11/2023,  https://www.finestresullarte.info/attualita/nan-goldin-annulla-commissione-new-york-times-complici-israele

 


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Chiara
Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.
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