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JOHN HEARTFIELD, L’ARTISTA CHE SFUGGÌ A HITLER

L'arte antinazista

Chiara Righi8 Giugno 2023

John Heartfield aveva già capito tutto mentre il mondo sottovalutava chi fosse veramente Hitler. Dadaista, antinazista e antimilitarista, per tutta la sua vita ha usato l’arte come arma per rivelare le bugie dei dittatori e abbattere la retorica nazionalista, svelando il volto drammatico delle guerre di potere. Un artista così diretto da arrivare a guadagnarsi il quinto posto nella lista dei ricercati della Gestapo, scatenando le ire di Adolf Hitler. 

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John Heartfield, “Come nel Medioevo, così nel Terzo Reich”, 31 maggio 1934. Questo fotomontaggio evidenzia un ritorno al Medioevo, con un parallelismo tra un basso rilievo di una vecchia chiesa tedesca raffigurante una scena di supplizio e l’immagine di un uomo torturato dalla svastica.

 

 

Se c’è un movimento artistico che con grande fermezza ha ripudiato la guerra, questo è il Dadaismo. Duri e puri, i giovani dadaisti sono andati contro tutto e tutti, in contestazione con l’obbligo di leva, le autorità e la morale borghese di inizio ‘900. Se tanti di questi artisti per fuggire al servizio militare si rifugiarono a Zurigo e a New York, è in Germania che si radunò il nucleo più politicizzato, capace di sfidare apertamente il potere dominante.

 

Tra i vari militanti tedeschi, troviamo un artista destinato a diventare il grafico più odiato da Hitler, tanto da salire al quinto posto nella lista dei più ricercati della Gestapo[1]. Il suo nome di battesimo è Helmut Herzfeld, anche se ha sempre preferito farsi chiamare con il suo nome d’arte anglofono John Heartfield, pseudonimo scelto per protestare contro la propaganda patriottica anti-britannica che, intorno agli anni ’20, urlava sui giornali tedeschi “Dio punisca l’Inghilterra”.

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 John Heartfield, “Adolf il superuomo: ingoia oro e dice idiozie”, 1932. 

 

John Heartfield nasce a Berlino in una famiglia povera, primo di quattro figli. Suo padre, Franz Held, era un poeta e scrittore socialista che, nel 1985, viene condannato per blasfemia e costretto all’esilio; mentre sua madre, Alice Stolzenberg, era una lavoratrice tessile, attivista di sindacato. Fu nell’ambiente famigliare che John assorbì gli ideali politici che lo portarono da adulto ad avvicinarsi al Partito Comunista di Germania, ma anche l’indole ribelle che lo ha sempre portato a non accettare le ingiustizie sociali.

Frequentò la scuola di Arti e Mestieri e successivamente iniziò a lavorare nel campo pubblicitario, producendo poster e copertine di libri. Fin da allora, emerse la sua capacità di scrivere motti e sberleffi, di tagliare, creare slogan e battute.

 

Heartfield è da sempre un convinto antimilitarista. Nel 1914, viene arruolato come soldato per combattere nella prima guerra mondiale ma riesce a farsi congedare dall’esercito simulando una malattia nervosa e problemi di salute.

Tornato a Berlino conosce George Grosz, un dadaista di due anni più giovane impegnato in un’arte tagliente dal carattere politico-sociale. Concorda con lui che, in tempi come quelli correnti, l’arte non poteva rimanere indifferente e doveva schierarsi contro la guerra e i regimi autoritari.

Insieme a suo fratello Wieland e a George Grosz inizia a produrre opuscoli clandestini, poster e opere d’arte in stile Dadaista.

Nel bel mezzo della guerra, nel luglio del 1916, fonda insieme a suo fratello la rivista pacifista Neue Jugend (Nuova Gioventù), il primo di una serie di sarcastici giornali Dada berlinesi. A quel tempo la libertà di stampa in Germania era duramente ostacolata e il contenuto antimilitarista della rivista era completamente fuori dalle rigide linee guida militari che le pubblicazioni dovevano seguire. Nonostante l’illegalità dei contenuti, la fatto che la carta fosse razionata e il denaro fosse poco, l’entusiasmo dei due fratelli era alle stelle: incredibilmente, su quel piccolo giornale trovarono spazio a tanti scrittori e artisti d’avanguardia accomunati da un fermo ripudio della guerra[2].

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John Heartfield, “Dieci anni dopo: Padri e Figli”, 1924. L’opera fu esposta il 4 agosto 1924 in una delle finestre della libreria in cui Heartfield lavorava con l’intento di commemorare lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914. Un nutrito gruppo di adolescenti in assetto da parata militare sono sovrastati dagli scheletri dei padri morti nel conflitto; è evidente la volontà dell’autore di allarmare i propri connazionali di fronte all’instabilità del governo e al primo delinearsi di quelle forze che avrebbero portato alla seconda guerra mondiale. Dieci anni dopo, all’opera verranno aggiunte, con ironia, queste parole: “Anche ai bambini di tre anni che giocano alla guerra deve essere insegnato come maneggiare le armi e bisogna infondere loro l’idea che la guerra sia amabile e ben accetta”, prese da un giornale giapponese.

 

Armato di forbici, John Heartfield taglia le immagini di propaganda e le manipola, mostrando il lato oscuro del patriottismo e della propaganda. Proprio per questo è considerato l’inventore del fotomontaggio, poiché, attraverso la tecnica del collage, trasforma le immagini dei giornali realizzando delle tavole cariche di satira e drammaticità, caratterizzate da uno straordinario impatto visivo. Fu uno tra i pochissimi autori tedeschi dell’epoca, insieme a Grosz, a mostrare il volto cupo e grottesco che andava formandosi in Germania, destinato a manifestarsi platealmente con l’ascesa del nazismo.

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John Heartfield, “Milioni sono dietro di me”, 16 ottobre 1932. L’artista denuncia l’appoggio dato a Hitler dalla grande industria e dai latifondisti agrari e mostra la mano destra di Hitler intenta ad accettare una mazzetta di banconote da un gigantesco borghese che sta dietro di lui. Ovviamente il finanziatore occulto non vuole farsi notare, motivo per cui il suo volto resta nascosto.

 

Da bravo dadaista, non manca di eccentricità. Tra gli amici inizia ad essere noto come “il meccanico”, poiché ha l’abitudine d’indossare sempre una tuta blu da lavoratore. Per questo motivo troviamo alcuni suoi lavori firmati come “Heartfield Mont”, in cui “Mont” è l’abbreviazione di “Monteur”, dal francese “meccanico”. Questo pseudonimo è spesso presente nei suoi lavori realizzati a quattro mani con Grosz, artista con cui collabora in maniera intensa e continua. È insieme a lui,  Raoul HausmannHannah Höch e a  Richard Huelsenbeck che fonda il movimento dadaista berlinese, gruppo che si riconosce negli ideali anarchico-comunisti.

La Rivoluzione Russa del 1918 attira Heartfiel verso il Partito Comunista di Germania (KPD) che inizia a lavorare per vari periodici politicamente schierati. Tra i vari, lavorerà a lungo con il settimanale AIZ (Giornale Illustrato dei Lavoratori) per cui pubblica molte delle sue opere più famose contro Hitler e il nazismo.

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John Heartfield, “Sangue e metallo”, 1934.

 

Nel ‘33 il Partito nazista prende il potere, sopprime tutti i partiti d’opposizione e accusa i Dadaisti, insieme ad altri autori, di produrre “Arte degenerata”, impedendone la produzione.

Il Venerdì Santo di quello stesso anno, le SS fecero irruzione nel appartamento di John Heartfield senza però riuscirlo a prendere poiché lui scappò saltando dal balcone e nascondendosi in un bidone della spazzatura. Sì narrà che fuggì dalla Germania camminando sui Monti Sudeti, fino alla Cecoslovacchia. Lì si rifugiò a Praga, luogo in cui si vede privato della cittadinanza tedesca. Vi resta fino al 1938, quando i nazisti, sull’orlo della conquista della Ciecoslovacchia, chiedono l’estradizione di Heartfield in Germania. L’artista, ricercato dalla Gestapo, riesce a fuggire nuovamente trovando rifugio a Londra. Rimane in terra britannica per oltre un decennio, lì si sposa e lavora collaborando con alcune riviste. Anche a in Inghilterra però non trova vita facile. Purtroppo, le autorità britanniche sono sospettose di fronte ad alcune forme d’arte e arrivano a rinchiuderlo per alcuni mesi in campi di internamento insieme ad altri rifugiati politici (campi di prigionia).

 

 

Nonostante il suo desiderio, Hitler non riuscì mai a mettere le mani su John Heartfield. L’artista gli sopravviverà e farà in tempo a vedere l’epoca in cui il mondo gli darà ragione, riconoscendo la sua lungimiranza.

Tornerà in patria solo dopo 12 anni di soggiorno in Inghilterra, a guerra finita, nel 1950. Lì finalmente riceve i primi riconoscimenti: viene nominato professore alla Deutsche Akademie der Künste (Accademia Tedesca delle Arti) e diventa membro onorario dell’Associazione Tedesca degli Artisti Grafici. È però nel 1961 che riceve quello che probabilmente è il premio più significativo per lui: il premio per la pace della Repubblica Democratica Tedesca.

Passa gli ultimi anni della sua vita in serenità, dedicandosi prevalentemente al mondo del teatro, fino al 26 aprile 1968, quando muore all’età di 76 anni.

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John Heartfield, “La morale di Ginevra. Dove vivono i soldi, la pace non può sopravvivere”, 27 novembre 1932. A Ginevra, sede della Società delle Nazioni, una manifestazione di lavoratori che dimostravano contro i totalitarismi fu repressa violentemente con le mitragliatrici: ci furono 15 morti e più di 60 feriti tra i manifestanti. La colomba della pace è trafitta dalla baionetta fascista davanti al palazzo sede della Società delle Nazioni, sulla cui bandiera la croce rossa svizzera si trasforma in svastica.

 

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John Heartfield, “Neri e bianchi uniti nella lotta”, grafica antirazzista. 

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John Heartfield, “Segni di gloria fascista”, opera dedicata alle guerre di Mussolini. 

 

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John Heartfield, “Questa è la salvezza che portano”, AIZ, 29 giugno 1938. Fotomontaggio dedicato ai fascisti e ai nazisti che partecipano alla guerra di Spagna.

 

 

 

Se vuoi saperne di più riguardo al movimento artistico di J. Heartfield vai a Dadaismo”.

 

 

 

 

  1. [1] “La fuga di Heartfield dalla Germania nazista”. Mostra di John Heartfield . Estratto l’8 gennaio 2017 .
  2. [2] Cfr. https://www.johnheartfield.com/John-Heartfield-Exhibition/about-john-heartfield-photomontages/dada-political-art-history/heartfield-grosz-neue-jugend-1

 


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Chiara
Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.
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