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MUSEO: CHIESA DELL’UOMO CONTEMPORANEO?

Il ruolo sociale e psicologico del museo

Chiara Righi14 Marzo 2019

Lo si sente dire sempre più spesso, ma come mai il museo è reputato “la chiesa dell’uomo contemporaneo”? Ecco qualche motivazione per cui alla domenica mattina potremmo trovarci più spesso a contemplare un reperto archeologico invece che il crocifisso posto sopra l’altare.

Contemporary Jewish Museum di San Francisco. Foto di Jack Simon.

 

Il detto “non c’è più religione” sta diventando un dato di fatto. Ormai il processo sembra inarrestabile: la fede è in declino. Ad ogni nuova generazione si dimezza il numero dei credenti e c’è già chi parla di post-cristianesimo. Per rendersene conto basta dare un’occhiata alle chiese sempre più vuote, alle vocazioni sempre più rare, alle perdita del senso di comunità nelle parrocchie.

Tutti ignorano però che l’uomo occidentale continui a coltivare una dimensione “spirituale”, intendendo questa parola non come l’adorazione di un dio ma come ricerca dell’essenza delle cose. Si tratta di una bisogno laico, allargato e senza frontiere, volto alla comprensione e all’evoluzione personale.

 

Nel frattempo, una voce di corridoio serpeggia sempre più spesso: “il museo è la chiesa dell’uomo contemporaneo”. Può la casa della conoscenza coincidere con quella della nostra spiritualità?

Questa ipotesi ha senso se pensiamo che la cultura ci offre la possibilità di sviluppare uno sguardo esterno a noi stessi, di conoscerci meglio e ampliare i nostri orizzonti, ma è il caso di analizzarla.

Statens Museum for Knust

Museo Statens Museum for Knust, Danimarca. Foto di Nino Lo Pinto.

Quando diciamo “museo” pensiamo a un luogo. In realtà, la parola “museo” è un concetto, un’idea astratta, un universo in continua evoluzione. Esistono parchi museo, musei itineranti, collezioni museali sparpagliate in diversi luoghi del mondo.

Per rendere l’idea di quanto il dibattito intorno a questa parola sia vivo, basti pensare che l’Icom (International council of museums), ha dovuto modificare la definizione ufficiale della parola “museo” già 7 volte dagli anni ‘60 ad oggi[1]. Questo è successo perché le funzioni che esso svolge cambiano rapidamente, insieme alle necessità culturali della comunità, quelle di catalogazione, conservazione e coinvolgimento del pubblico[2].

 

Il fatto che oggi si riconosca al museo un ruolo sacro per la comunità, ci pone delle inevitabili domande. Cosa lo ha portato ad assumere un’importanza spirituale?

Dato che questa definizione m’incuriosisce, ho provato a individuare tre motivi che possono giustificare la definizione di museo come chiesa dell’uomo contemporaneo.

Natural History Museum

Museo di storia naturale di Londra. Foto di Alessandro Sciascia.

 

1. La natura dell’arte contemporanea

 

La tanto bistrattata “arte contemporanea” può essere una discriminante di questa visione sacra del museo. È guardata con diffidenza ed antipatia da molte persone per un motivo specifico: non è semplice da capire.

Mentre noi siamo assuefatti giornalmente da una bombardamento d’immagini pubblicitarie banali e immediate, le opere contemporanee non sono un boccone estetico facile da digerire. Ci impongono di fermarci, di riflettere su quello che stiamo osservando e fare uno sforzo interpretativo. In pratica, relazionarsi con un’opera complessa ci obbliga ad alzare il nostro livello d’attenzione: dobbiamo smettere di “vedere” e iniziare a “guardare”.

Contemporary Museum of Art

Museo d’arte contemporanea di Sydney. Foto di Ethan.

Va da sé che per comprendere e godere di un’opera complicata non sia sufficiente sfilarci davanti per un secondo. Occorre tempo, concentrazione, silenzio. Quest’atteggiamento di riflessione e contemplazione è stato più volte paragonato a quello spirituale, seppur privo di una devozione religiosa.

Incontrare l’opera diventa così un momento di raccoglimento intimo e personale, in cui l’osservatore si mette in ascolto, in osservazione. Questo approccio è favorito dalla struttura del museo d’arte contemporaneo, che oltre ad essere bello e moderno, è un posto silenzioso, luminoso, consono allo studio e alla meditazione.

 

2. La cultura come riferimento e incontro per la comunità

Il 17 settembre 2017, durante il Festival della filosofia di Modena, Gianfranco Maraniello faceva notare come attualmente, in museo, possiamo osservare dei veri e propri rituali. Secondo lo storico dell’arte, quando ci rechiamo al Luovre non stiamo andando veramente a vedere la Gioconda, perché tra noi e lei c’è una distanza tale che ci impedisce d’instaurare un rapporto: quello a cui assistiamo è un rituale, un momento liturgico in cui tutti guardano la Gioconda, in cui tutti restiamo a guardare in quella direzione[3].

gioconda

Affollamento di gente al Louvre, davanti alla Gioconda. Foto di Alessandro Palmiero.

Alcuni oggetti artistici o storici sono diventati dei punti di riferimento universali, ricoprono un ruolo simbolico per una comunità allargata, indifferente alle diversità etniche e di estrazione sociale. Davanti ai musei importanti possiamo effettivamente trovare delle file chilometriche di persone che sembrano in pellegrinaggio, ma invece di andare a vedere la Sacra Sindone vanno ad incontrare un oggetto che riconoscono come portatore di significato storico ed estetico.

 

Un fenomeno simile era stato osservato da Umberto Eco già nel 1980, quando iniziavano ad moltiplicarsi i Festival culturali (i nostri odierni Festival della Filosofia, della Letteratura, del Teatro, ecc.). Lo scrittore notava con stupore come la cultura alta, condivisa durante un evento pubblico, stava trovando una nuova dimensione, quella della ritualità collettiva. Il dibattito culturale stava uscendo dai saggi e dalle biblioteche per diventare incontro con l’altro, un’esperienza comune[4].

Festival della filosofia - Carpi

Il Festival della Filosofia di Modena che ogni anno richiama tantissime persone indipendentemente dal bello o dal brutto tempo. Foto di Maurizio Longhin.

 

Intraprendere un percorso condiviso d’apprendimento, essere coinvolti nel dibattito culturale, confrontare le proprie impressioni con l’altro, sono avvenimenti che continuano ad appassionare sempre di più. Proprio per questo motivo musei, biblioteche e fondazioni si sono attrezzati di  spazi di ritrovo per la comunità, in cui avvengono conferenze, spettacoli, letture, corsi e incontri con gli autori. Tutto ciò favorisce lo scambio e la creazione di una comunità che condivide un percorso di crescita personale ed è interessata a confrontarsi con gli altri. Morte le parrocchie e i rituali votivi, la cultura può essere il punto di riferimento attorno al quale riunire la comunità locale.

 

3. La possibilità di evoluzione spirituale e personale

Finora abbiamo visto come il museo sia un luogo consono allo studio e alla meditazione, in cui non mancano spazi per la comunità, adatto ad essere frequentato in solitudine ma anche in compagnia. Ma il museo contemporaneo è prima tutto un luogo di crescita personale. Più che essere concentrato sugli oggetti, si concentra sui visitatori, sul loro sviluppo individuale, cerca il loro coinvolgimento diretto[5]. Non è noioso ma moderno, bello, divertente, interattivo, pieno di sistemi tecnologici avanzati e giochi didattici.

Museo della Scienza

Museo della scienza di Valencia. Foto di Raissa Fitzgerald.

È proprio la sua caratteristica di essere incentrato intorno alla nostra crescita personale, la sua capacità di fornirci strumenti per interpretare il mondo, a renderlo un luogo sacro. Ci spinge a interrogarci, attiva le nostre capacità di collegamento, a trovare una nostra interpretazione. Non solo conserva la nostra memoria storica, rappresenta la nostra possibilità di evoluzione personale.

 

È questo tipo di luogo di cui ha bisogno l’uomo di oggi. Il pubblico non desidera un museo pensato come macchina turistica o un deposito di quadri, pretende nuovi spunti di riflessione, vuole emozionarsi, sognare, scoprire nuovi punti di vista. Soddisfare quella spiritualità laica, significa occuparsi della crescita educativa e personale degli individui, generando nuove curiosità, passioni e ampliando gli orizzonti.

Studio Public: RobotKids 2013 @ MAMbo

Il Mambo di Bologna è un museo noto la cura dei percorsi pedagogici proposti. Qui si tengono dei laboratori didattici all’avanguardia per bambini e ragazzi, oltre ad un’ampia gamma  di percorsi ed eventi d’approfondimento per gli adulti.

A questi tre punti potrebbero senza dubbio esserne aggiunti molti altri. Anche per dei banali aspetti pratici il museo sembra davvero aver raccolto il lascito culturale della chiesa. Provate a pensarci.

Se fino a metà ‘800 la chiesa era la più grande collezionista d’arte, dal ‘900 in poi l’arte viene invece comprata dal museo.

Se la chiesa è stata la grande committente dell’architettura più significativa fino ‘800, ora è il museo che arruola gli architetti più estrosi, creativi e ingegnosi del mondo odierno.

In museo, oggi, è diventato trendy pure sposarsi. E purtroppo, a causa dei tagli al settore cultura, in museo sta apparendo, proprio come in chiesa, anche la cassetta delle offerte!

 

 

 

 

[1]Cfr. Vittorio Falletti e Maurizio Maggi, I Musei, ed. il Mulino, Bologna, 2012, p. 12

[2] Ultima definizione dell’Icom è: “Il Museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone per scopi di studio, istruzione e diletto.”

[3] Riflessione di Gianfranco Maraniello durante la conferenza Museo, presso il Festival della Filosofia di Modena, il 17/09/2017

[4] Cfr. Umberto Eco, Cultura come spettacolo, articolo del 1980 pubblicato nella raccolta Sette anni di Desiderio, Umberto Eco, ed. Bompiani, 2000, Milano, pp. 232-235

[5] Cfr. Vittorio Falletti e Maurizio Maggi, I Musei, ed. il Mulino, Bologna, 2012, p. 15


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Chiara
Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.
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