Moe è un writer che non si è mai fermato. Dagli anni ’90 continua a dedicarsi ai graffiti e organizzare jam, con la stessa passione di quando ha impugnato la prima bomboletta.
In compagnia di Catalina T. Salvi e Ilaria Iannolo, ho avuto la possibilità di andarlo a trovare nel suo studio e ascoltare la sua storia: un racconto caratterizzato da determinazione, coerenza e spirito hip hop.
Sono innumerevoli le storie di chi, da ragazzo, ha afferrato una bomboletta e ha iniziato a fare graffiti, per poi smettere dopo pochi anni. Le persone abbandonano il writing perché diventano adulte, perché hanno troppi impegni o perché non trovano più un motivo per continuare.
Questa, però, non è la storia di Moe.
Ho avuto la fortuna di conoscere una persona che, nel movimento hip hop e nella pratica del writing, non ha mai smesso di crederci. Moe scrive il proprio nome sui muri dai primi anni ’90 e, ancora oggi, non perde occasione per dipingere, organizzare jam e riunire la scena. Il fuoco in lui non si è mai spento, come se qualcuno gli avesse passato un testimone importante, che sa di dover custodire.
Dalle sue parole traspare la fatica e l’impegno con cui ha intrapreso questo percorso, ma anche la stima e la gratitudine che nutre verso chi gli ha insegnato e tramandato la disciplina.
Moe, ironicamente, si definisce un “Sinti”.
È nato in Molise, ma a sei anni si è trasferito in Abruzzo, poi a Bologna. Oltre ad aver vissuto in tre diverse regioni, ha viaggiato moltissimo per partecipare a eventi hip hop e jam dedicate al graffiti writing. Tant’è che, pur essendo oggi residente a Bologna, è uno dei membri più attivi della crew salernitana ZSE.
La sua è una lunga storia, perché i graffiti lo hanno rapito fin da bambino.
Le prime scintille
Tutto è iniziato intorno ai dieci anni, quando rimase folgorato dallo skateboard.
Gli anni ’90 erano appena cominciati e, per approfondire ogni aspetto di questo sport, Moe andava in edicola a comprare riviste specializzate: Skate, Skate e Snowboard e XXX Skateboard Magazine, che sfogliava con attenzione.
È proprio su quelle pagine che, a dodici anni, notò per la prima volta delle scritte colorate disegnate con gli spray sui muri e ne rimase impressionato.
Moe racconta di non essere mai stato bravo a disegnare, né di avere una bella scrittura:
“Alle elementari prendevo le note per la brutta grafia,” ci rivela.
Oggi, vedendo la sicurezza dei suoi gesti e la competenza con cui costruisce complessi wild style, sembra quasi un paradosso, come Margherita Hack rimandata in matematica. Moe però ci spiega che è partito davvero svantaggiato rispetto a chi aveva una bella mano e tutti i risultati raggiunti sono frutto di un lunghissimo e duro lavoro.
Sono state la passione e la determinazione a fare la differenza.
Fece il suo primo pezzo quando era ancora alle scuole medie.
Ricorda tutto di quel momento: il luogo, le persone, persino la data.
Era il 4 gennaio 1991, quasi trentacinque anni fa.
Conoscendo Moe, colpiscono il rispetto e la gratitudine che prova verso l’ambiente in cui è cresciuto.
Ci racconta che per lui è stata una fortuna che la sua famiglia si sia trasferita in Abruzzo: mentre in Molise c’era poco, a Pescara la scena legata al writing era esplosiva. Andando a skeitare, Moe incontrava ragazzi poco più grandi di lui che realizzavano pezzi straordinari:
“Se fossi cresciuto in Molise non avrei respirato quell’aria di fermento che mi ha messo la benzina che mi porto ancora dentro” ci racconta.
A Pescara, in particolare, c’era una crew hip hop che lo ha formato e spronato, a cui Moe sente di dovere molto: Costa Nostra.
Insieme a Onem, nel 2022, ha deciso di realizzare un grande tributo a questo collettivo scrivendo il loro nome in dimensioni gigantesche, proprio a Pescara. È stato un gesto per ricordare e ringraziare quei ragazzi che, tanti anni fa, lo hanno motivato a continuare.
La Bologna di Moe
Nel 2005 Moe si è trasferito a Bologna.
Molte ragioni lo hanno spinto lì: gli amici che si erano già trasferiti, l’aura potente della scena hip hop bolognese, i grandi nomi del writing e l’antagonismo frizzante dei centri sociali. Ha iniziato presto a trovare i propri spazi per dipingere: ama lavorare sui muri imboscati, negli spazi sociali autogestiti e sulle fabbriche abbandonate.
In genere sceglie zone tranquille, dove può dedicare tempo al proprio pezzo, rifinirlo, stratificarlo e portarlo alla sua forma migliore.
Fin da subito, Moe a Bologna si è impegnato nel tentativo di riunire e consolidare la scena, organizzando concerti autogestiti e a numerose jam pittoriche. Ancora oggi continua a realizzare tantissimi pezzi e a invitare writer anche internazionali, trasformando i muri della città in vere e proprie gallerie d’arte a cielo aperto.
Se volete vedere uno dei muri più belli di cui si sta prendendo cura negli ultimi anni, passate da Borgo Panigale.
In via Bruno Bencivenni c’è una splendida Hall of Fame che continua a crescere, interamente curata da lui. Lì, tra le tante firme dei writer che ha invitato, potete trovare anche i suoi graffiti dal tratto tagliente, lucido, spesso con richiami al mondo del fumetto.
È il suo museo a cielo aperto, dove colleziona e monitora l’evoluzione degli stili.
Le sue continue attività come organizzatore lasciano intuire quanto per lui l’hip hop non sia solo un interesse personale, ma una cultura condivisa, un linguaggio comunitario. Moe si distingue perché sa dare importanza ai legami, alla storia e alla cultura. Mentre la maggioranza delle persone adottano una mentalità “usa e getta”, lui approfondisce: indaga la provenienza di ogni tipo di linea, di ogni texture, vuole comprendere la natura di ogni suo gesto.
In un mondo dominato dall’ego, dalla fretta e dalla superficialità, Moe coltiva rispetto e memoria per chi lo ha preceduto. La sua è una mentalità davvero old school: concreta, leale, radicata nella strada. Tutto ciò lo ha reso un punto di riferimento fondamentale in città, poiché tiene viva la disciplina del writing con il cuore, la consapevolezza storica e unendo le persone che la vivono ogni giorno.
Ringraziamo Moe per la simpatia, la disponibilità e per la gentile concessione delle immagini!
Vi invitiamo a seguirlo sulle sue pagine Facebook, Instagram e sul suo sito web hanniballetters.com
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Se invece vuoi sapere di più sulla storia dei graffiti, vai all’articolo Ti sporco il muro! Storia di un movimento di massa.
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Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.





