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LA TUA MORTE SECONDO CACCIARI

Capire il nostro rapporto con la morte tramite l'arte

Chiara Righi10 Aprile 2018

Ci sono tanti modi per morire e per immaginare la nostra fine. Massimo Cacciari, in occasione del Festival Impara l’Arte di Modena, ha analizzato il nostro rapporto con la morte attraverso le opere d’arte contemporanea: la conclusione è assai inquietante.

The Morgue

Andres Serrano, Infectious Pneumonia (The Morgue), 1992

 

<Con la frase “Morte dell’arte” non si intende dire

che l’arte sia finita o che non ce ne sia più bisogno,

ma che la morte è diventata il tema centrale

dell’arte, il suo proprio contenuto.>

Massimo Cacciari

 

 

Hai mai pensato che potresti risvegliarti bloccato all’interno di una bara? Il timore di essere sepolti vivi (la tatofobia), è una paura molto comune. È una sensazione atroce di soffocamento e immobilità obbligata. Questa fobia rappresenta bene il nostro rapporto con la morte, o almeno così si evince dalle parole di Massimo Cacciari¹.

 

Il filosofo, individua la morte come tema principale dell’arte contemporanea. Non perché questo soggetto sia una novità, tutta la storia dell’arte si è sempre interrogata sul senso del nostro decesso proponendoci infinite decapitazioni, crocefissioni, fucilazioni, deposizioni, vanitas, cortei funebri, scene di guerra e martiri.
Massimo Cacciari ha però notato che l’arte contemporanea sembra ossessionata dal tema funebre e lo declina in maniera particolare. Perché ci sono tanti modi per morire e diversi significati, religiosi o culturali, con cui possiamo interpretare questo evento biologico. L’arte ci aiuta a capire quale relazione abbiamo oggi con la morte e di quale tipo di decesso stiamo parlando.

Adrian Piper

Adrian Piper, Everything #2.8, 2003

 

La prima evidenza che ci rivela è che la morte è diventata per noi un evento completamente incomprensibile, irrazionale, senza alcun senso.

 

Facendo un veloce paragone con la storia passata, ci rendiamo conto di aver completamente smarrito il Pathei Mathos classico, ovvero l’utilità della sofferenza come fonte di conoscenza. Nel mito greco infatti, il decesso del protagonista ha sempre una funzione didattica per la morale del pubblico.
La nostra rappresentazione è poi lontanissima da quella dell’arte religiosa dei secoli passati, secondo cui il decesso viene interpretato come salvezza, giustizia o vendetta divina. I nostri lutti sono distanti anche dalle morti eroiche in battaglia, finalizzate ad ottenere virtù terrene o un miglioramento sociale. Non ci appartiene più la lotta per un ideale, non moriremo combattendo e il nostro decesso non sarà finalizzato a migliorare il mondo.
La nostra morte è un fatto che sfugge alla logica, completamente non sense.

 

Goya

Francisco Goya, Il 3 maggio 1808, opera del 1814. L’artista commemora le morti della guerra d’indipendenza spagnola contro Napoleone. Infatti, il 3 maggio 1808 le truppe napoleoniche radunarono centinaia di spagnoli in varie località appena fuori Madrid e li fucilarono a sangue freddo. Il quadro di Goya è divenuto un simbolo universale di eroismo, libertà e indipendenza.

 

Se uno degli eventi fondamentali della nostra esistenza non ha più significato la situazione si fa spinosa. Non gli attribuiamo un valore perché non ne comprendiamo la funzione. Infatti, come Platone ebbe a sottolineare, noi troviamo un senso alle cose solo là in cui vi troviamo il risvolto pratico. Ad esempio, posso concepire qual è il significato di una scala perché ci posso salire sopra, se non avesse questa funzione sarebbe un oggetto senza significato. La scala non vive mai per sé stessa, ma sempre per un fine altro.
Tutta la nostra vita è un continuo rinviare a un altro fine: utilizzo la scala per arrivare al fine di cambiare la lampadina, che ha come fine quello di illuminare la stanza, un ambiente che avrà anch’esso un altro motivo per essere illuminato.

Questo rinvio pratico vale per tutti gli obbiettivi che ci poniamo nella vita, che è un continuo passaggio di scopo in scopo. Ma se la morte, che è il fine di tutti gli fini, non ha senso, allora anche tutti gli altri obbiettivi che abbiamo perseguito per arrivarvi perdono di significato. È una conclusione così insensata da distruggere il senso intero del nostro percorso, della nostra esperienza².

papa bacon dettaglio

Francis Bacon, dettaglio dell’opera Studio dal ritratto di Innocenzo X

 

Cacciari utilizza le opere di Francis Bacon per spiegarci il rapporto con la morte, immagini che non raffigurano mai soggetti deceduti o che stanno spirando, rappresentano invece l’unica cosa che conosciamo della morte: lo sgomento che crea prima di arrivare.

 

Sono tutte figure sospese nell’attesa, mentre subiscono una sottrazione continua, inesorabile, che non sa concludersi. L’idea della morte è un pensiero così terribile da toglierci progressivamente la felicità di vivere, mentre si avvicina.

 

L’arte contemporanea non ci propone tanti cadaveri quanto figure ancora vive a cui vengono sottratte le proprie capacità: vengono private del potere, della razionalità, della salute, della bellezza e anche dell’ambiente naturale.

Tutto va verso un dimagramento, una minimalizzazione.

 

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Anadrian Ghenie, Nickelodeon, 2008

L’uomo è rimasto solo e senza significato, sia nella vita che nella morte, senza lutto e senza fine. Il nostro decesso sembra essere solo il punto d’atterraggio di una lunghissima caduta, la conclusione di un decadimento che ci svuota di tutto. Manca il senso della nostra sofferenza, restano l’agonia del decesso e della perdita.

 

La morte per noi è un destino obbligato inaccettabile. Forse, l’unico modo per conviverci serenamente è far finta che non esista ed evitare di pensarci. Per lo meno, finché si può.

 

 

¹ MASSIMO CACCIARI, Commedia-tragedia tra Beckett e Bacon, conferenza svolta al festival Impara L’arte di Modena, del 15 Gennaio 2016

² MASSIMO DONA’, intervento all’inaugurazione della mostra Dopo di Christian Boltanski, http://fondazionemerz.org/mostre-esposizioni/christian-boltanski-dopo/

 

 


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Chiara
Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.
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