Marco Barbieri, in arte DEM o Dem Demonio, è un artista poliedrico che dal 25 settembre al 19 ottobre 2025 esporrà al Complesso San Paolo di Modena. Partito dai graffiti e dalla street art, è approdato a una dimensione spirituale dell’arte, attraverso un percorso di ricerca e trasformazione.
Insieme a Chiara Righi ho avuto il piacere di intervistarlo, scoprendo un artista capace di relazionarsi in modo profondo con il mondo che lo circonda.
DEM, Installazione di Land Art a Cotignola, 2019. Foto di Marco Zanella.
“Io cerco il filo rosso che connette cose apparentemente diverse nel folclore di tanti paesi, unite da un linguaggio simbolico ed esoterico comune[1].”
Cit. DEM
L’arte di DEM si esprime attraverso simboli e archetipi.
Le sue radici affondano nei racconti mitologici che la madre gli leggeva durante l’infanzia: dalle epopee omeriche, tra Iliade e Odissea, fino alle storie del folklore italiano raccolte da Italo Calvino.
Cresciuto a Codogno, sin da giovane è stato attratto dagli stimoli della natura e del paesaggio, per poi avvicinarsi alle realtà urbane attraverso i graffiti.
Durante l’adolescenza si è trovato spesso a percorrere la tratta ferroviaria tra Milano e Bologna: è proprio il magnetismo culturale di quest’ultima a esercitare su di lui un richiamo quasi sirenico. Arrivato a Bologna per la prima volta, DEM restò colpito da quella che definisce “un’atmosfera unica nel suo genere”. Infatti, negli anni Novanta la città era un focolaio eterogeneo di stimoli culturali e controculturali, in un clima di apertura e scambio senza eguali.
È anche grazie all’atmosfera effervescente di questa città che, dal writing, approda a una ricerca più figurativa, arrivando alla Street Art. Intraprende un lungo percorso artistico legato alla strada, conoscendo e collaborando con numerosi protagonisti dell’arte urbana, tra cui Blu, Run, Ericailcane, 108 e altri artisti internazionali.
In strada, le sue opere si presentano come un punto di contatto tra l’osservatore e la natura – interna ed esterna – dell’essere umano.
Disegno di DEM. Courtesy l’artista.
DEM è però un grande sperimentatore e non limita la propria ricerca al campo della Street Art.
Prevalentemente autodidatta, vive come un raccoglitore: di impressioni e informazioni, di stimoli e di bellezza. Recupera ciò che incontra nei boschi, nelle città, in giro per l’Italia e per il mondo, per poi riportarlo nella propria fucina creativa. Lì, oggetti naturali e resti animali si trasformano in soggetti ibridi, ritratti con il rigore della copia dal vero. Anche gli incontri notturni in città diventano fonte di ispirazione, trasformandosi in personaggi e chimere nei suoi disegni.
Con il tempo, i suoi ibridi bidimensionali escono dalla pagina e dal muro, prendono corpo: comincia un’intensa ricerca sulla maschera, che lo porterà dai riti greci a quelli italiani, dalle tradizioni balcaniche (ex Jugoslavia, Romania), alle civiltà precolombiane e ai culti africani.
Le sue installazioni entrano nelle gallerie, ma si diffondono anche nell’ambiente naturale, prestando una grande attenzione all’impatto ambientale. Non crea semplici opere, ma rituali: atti di creazione in cui l’azione artistica segue regole precise per portare lo spirito nella materia. E per questo hanno bisogno di diffondersi nello spazio, affinché più persone possibili possano vederle e viverle.
Maschere di DEM. Foto di Giulia Barcaro.
Oltre alla maschera, ci sono altri simboli cari all’autore, come quelli della “Grande Dea” e dell’“uomo nero”, che lo portano a elaborare concetti archetipici come la vita e la morte, la fertilità, la creatività, l’interiorità, l’ignoto e l’ombra. Si tratta di segni che attraversano secoli e culture, perché raccontano qualcosa che ci riguarda tutti.
È un artista che porta avanti uno studio antropologico continuo, affidandosi a un linguaggio umano, universale e archetipale. Attraverso l’uso di elementi simbolici parla all’inconscio e offre allo spettatore molteplici livelli di lettura, unendo le esperienze creative che l’essere umano ha attraversato nel tempo e nello spazio.
Oggi DEM è un artista poliedrico che utilizza videoarte, pittura, illustrazione, ceramica, installazione e performance. Piega ogni mezzo all’urgenza espressiva e, in un certo senso, lo riporta alla sua funzione originaria: essere strumento al servizio di quella chiamata creativa a cui l’artista non può sottrarsi: può solo rispondere.
Secondo DEM, l’uomo occidentale ha perso gran parte della memoria del classico: la consapevolezza della propria storia, degli strumenti, del folklore che lo ha generato. E con essa ha smarrito anche la capacità di riconoscere il simbolo e leggere l’archetipo, la cui forza ancestrale collega l’umanità a una trama comune. Attraverso le sue opere, l’artista ci riporta a queste antiche conoscenze, invitandoci a riscoprire il legame con noi stessi e con l’energia viva della natura.
È con questa grammatica del simbolo, senza tempo né confini, che l’artista sarà in mostra a Modena, dal 25 settembre al 19 ottobre, con Oltremondi, in compagnia di Atak, presso il Complesso culturale San Paolo, sotto la cura della Galleria D406 e ospite del Festival di Giornalismo Investigativo DIG.
Una mostra che attraversa le culture più remote cogliendone i contrappunti simili, in cui ogni opera diventa ponte tra passato e presente, tra l’individuo e l’universale.
DEM, San Sebastiano, Installazione di Land Art a Lugano, 2013. Foto di Mauro Corinti.
[1] Cit. Dem, frase emersa durante la nostra conversazione.
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