Secondo Evyrein la street art non può essere una pratica innocua. Deve provocare, sovvertire, depotenziare il potere dominante.
Le sue opere commentano con feroce ironia le notizie di attualità, mostrando il marcio che si nasconde dietro la politica italiana e il mondo dello spettacolo. Con lui l’arte urbana ritrova le sue radici più genuine, come voce spontanea e radicale che arriva dalla strada. Ho potuto constatarlo chiacchierando con lui, in compagnia di Chiara Righi e Ilaria Iannolo, raccogliendo la sua testimonianza.
“La strada è come il “battesimo” dell’opera: per uno street artist è il luogo dove, prima di ogni altro spazio, devono vivere le opere. Portarle prima in strada, piuttosto che altrove, dà coerenza alle tue azioni.”
Cit. Evyrein
Ci racconti come ti sei avvicinato alla Street Art e come si è evoluto il tuo percorso in strada?
Sono partito dal Writing, che ho scoperto intorno ai 16 anni. All’inizio ero più un osservatore che un protagonista: facevo da palo e frequentavo quegli ambienti senza espormi troppo. Nel 2000 mi sono trasferito a Londra, e vedere i lavori di Banksy è stato come scoprire un altro mondo.
La vera svolta è arrivata nel 2020, durante il lockdown: con le strade vuote e tanto tempo libero ho iniziato a portare le mie opere in strada. Era un periodo rischioso per uscire, ma mi ha preso talmente tanto che non ho più smesso. Da allora ho cominciato a riprendere in mano anche lavori vecchi, che tenevo in casa da tempo, oltre a crearne di nuovi.
Quali tecniche preferisci usare nel tuo lavoro?
Durante il lockdown ho iniziato con stencil e bombolette spray, strumenti che conoscevo già. Ma avevo bisogno di essere velocissimo: uscire, attaccare e tornare a casa in un lampo. Così ho provato il paste-up, che mi ha permesso proprio questo, e da allora non l’ho più mollato, anche se ogni tanto torno alle bombolette.
In realtà non sono fissato con la tecnica o la precisione: quello che conta davvero è che il messaggio arrivi chiaro a chi guarda.
Ci sono luoghi della città che preferisci rispetto ad altri?
Per me il messaggio deve raggiungere tutti, quindi cerco sempre i posti con più passaggio. A Padova, il centro storico è il punto migliore: c’è molta visibilità, anche perché è una città turistica. Mi interessa che i miei lavori vengano visti da più persone possibile, anche se spesso durano poco, perché sono abbastanza scomodi e quindi spariscono in fretta.
Come scegli un muro o un luogo su cui operare?
Non sempre scelgo io il muro dove mettere l’opera, ma a volte sì. Per esempio, per “Papa Frocesco” ho scelto apposta il muro di un edificio seminariale.
Evyrein, “Elon Mask”, 2025. Dopo aver fatto il saluto romano alla cerimonia d’insediamento del presidente degli Stati Uniti, Elon Musk svela il volto di Hitler.
Ci spieghi meglio come avviene il processo creativo per te?
Per me il processo è fulmineo e spontaneo. Quando arriva l’idea, finisco il lavoro in un tempo che va da mezz’ora a massimo cinque ore. Non ci penso troppo: agisco di getto. Ho provato a lavorare a tavolino, ma quello che ne esce è sempre banale, senza l’efficacia che cerco.
Come raccogli le informazioni che ti portano all’opera?
Non so spiegarti bene come funziona, è tutto un gioco di intuizioni. Ascolto le notizie, il cervello associa immagini e idee, e nasce la voglia di intervenire su un tema. Di dire la mia. La rapidità è fondamentale: le mie opere parlano di attualità e devono arrivare subito, prima che perdano impatto.
Evyrein, “Lo stercorario”, 2025. Opera elaborata in reazione al nuovo codice della strada Tolleranza Zero, di Salvini.
Le tue operazioni tendenzialmente sono abbastanza provocatorie; ci sono delle tematiche che ti stanno particolarmente a cuore su cui senti che sia importante mettere l’accento?
È vero, le mie opere sono tutte provocatorie. Non ho temi preferiti, ma cerco di raccontare argomenti attuali e di essere il più tempestivo possibile. Ascolto le notizie in tv e sui social, e cerco di cogliere le incongruenze più evidenti della società. Non sono schierato politicamente, non faccio distinzioni tra fazioni. Dico quello che penso su tutti, senza eccezioni.
Quindi l’opera, per avere un valore, deve riuscire a disturbare in qualche modo?
Assolutamente sì! La Street Art è per natura provocatoria. L’arte dovrebbe sempre far reagire, toccare corde sensibili, che siano emotive o ideologiche. E la Street Art, ancor di più, deve saper scuotere e mettere in discussione.
Ci sono lavori che non fai per scelta etica?
In genere non faccio commissioni, e già così evito il 95% dei problemi etici. Faccio solo ciò che sento davvero, quando ho qualcosa da dire. Vendo solo lavori già pronti: chi compra prende quello che offro, senza chiedermi altro. Ho fatto qualche mostra, ma sempre con pezzi già fatti, mai su richiesta.
Credo che uno Street Artist possa rimanere coerente anche esponendo in musei o gallerie e vendendo i propri lavori, purché l’opera sia nata per la strada e tutto parta da un impulso personale, senza pressioni esterne.
Hai mai collaborato con spazi autogestiti o centri sociali?
Non si può parlare di vere collaborazioni. Sono una persona poco flessibile, quindi faccio fatica a scendere a compromessi. Non lavoro mai su commissione; per me è fondamentale restare autonomo. Ascolto le opinioni degli altri, ma non mi piace aderire a nessuna bandiera. Detto questo, tengo rapporti con i ragazzi delle nuove generazioni che operano in strada.
Evyrein, “heARTs for money”, 2022. Critica dell’artista verso chi utilizza l’arte urbana in maniera tranquillizzante e inoffensiva, al solo scopo di farsi notare come artista.
Quanto hanno contribuito le controculture underground a farti arrivare al tuo lavoro artistico?
Hanno contribuito moltissimo, anche se oggi quelle controculture non sono più davvero underground. Nello specifico, la musica e la cultura hip hop mi hanno portato verso i graffiti: frequentavo persone e luoghi in cui si ascoltava quel genere. Poi, crescendo, mi sono spostato verso la Street Art, legata ad altri ambienti e linguaggi.
Quali sono i lavori a cui sei più affezionato?
Sono affezionato a molti miei lavori, che hanno segnato momenti importanti per me. Uno è “Making hearts from money is vandalism”, una risposta a un artista qui a Padova che fa pezzi pieni di cuori e arcobaleni, una correttezza politica che proprio non sopporto.
Ho fatto il mio pezzo proprio accanto a uno dei suoi. Altri lavori importanti per me sono “Flexiwoman”, “Attenzione pickpocket”, “In bona fede”, “Saint Anthony, It would take a miracle” e “L’ottava dose”, hanno tutti suscitato reazioni abbastanza forti.
Ringraziamo Evyrein per il tempo che ci ha dedicato e per la gentile concessione delle immagini.
Vi invitiamo a seguirlo sulla sua pagina Instagram e sul suo sito www.evyrein.art
Evyrein lavora spesso con Rusco: scopri questo progetto all’articolo Rusco Zine: dalla parte degli street artists.
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