1921
Dada è il simbolo dell’antiumanità.
Dada è il microbo vergine, è il segno dell’astrazione.
Al disotto: dada è decomposizione, distruzione che in se stessa si chiude; egli è contro l’amore e l’entusiasmo, ed ama le calze di seta; egli è anche contro le donne e contro la patria.
Dada: spingere tutto al buio, mostrare l’oscurità, il moto sordo della tenebra dietro ad ogni cosa; scarnire se stesso dalle fedi e dalle illusioni della passione, fino a mostrare uno scheletro disarticolato, inesplicabile, senza nome né ragione. Il fondo della vita è incomprensibile – comprendere qualcosa è possibile solo a patto di essere superficiali – è incomprensibile non per la sua complessità o pel difetto dei nostri mezzi di conoscenza: ma perché, come la donna, non esprime, non significa nulla: non è che un caos in gravitazione sorda e buia sul quale, chi vuole, può allucinarsi; ed allora si troveranno le scuse: il compito umano, la morale, la scienza.
La sete di conoscere è una malattia.
Chi è profondo non pone né risolve mai problemi; ma porta dappertutto oscurità e confusione.
La luce è un aspetto superficiale, un’illusione del buio.
Non esiste spiegazione che, approfondita, non porti al primo piano qualcosa d’oscuro e d’incomprensibile. Dada.
Dada è la negazione degli impulsi naturali e dell’intelletto; è la vita fredda ed atona senza occhi né branche. Tutti son direttori del movimento Dada.
Ogni persona intelligente è un presuntuoso od un intrigante di cose pratiche; essa, lo sappia o no, crea il successo, il farsi un nome, il guadagnar danaro, il sedurre delle donne, il far della ginnastica, dell’amore, dell’Arte/coll’A maiuscola/, della politica, degli affari. Anche l’azione è una fuga ed un abbrutimento. Dada non capisce nulla, Dada non vuole nulla. Dada è idiota ed inerte: manca di genio, di forza, di spirito, ed è assolutamente di nessuna utilità pratica. Avrebbe potuto, pertanto, fare i conti con tutti voi, cari amici così fini ed intelligenti…
A questo punto 60 lettori gridano: miserabile.
Dada è l’abolizione del sentimento e della famiglia.
Dada è il triste e muto prigioniero di ghiaccio, è l’individuo che si rivolta dentro se stesso come un guanto, senza passione né visione, nell’impossibilità di discernere fra i vari gradi della luce incomprensibile.
Dada è contro Dada. Dada è contraddittorio. Dada è libero. Diffidate di Dada. Egli non promette nulla, solo l’amarezza che schiude il suo sorriso su tutto quel che è stato fatto, consacrato o vezzeggiato, e dimenticato.
Dada è distruzione.
Ma dir no, non è che una maniera malata di dir sì: chi va contro una cosa, in fondo non fa che accettarla ed affermarla in quanto ne ammette la preoccupazione. L’unico modo di distruggere si realizza col disincantarsi, col disinteressarsi delle cose. Dada non tocca nulla, ma allontana tutto: rende tutto estraneo ed esterno. Così distrugge. Inocula nel sangue il batterio della decomposizione per preparare nell’individuo il gran spettacolo del disastro.
Vices-Vinci si alza ogni mattina alle 7½.
Dada è aristocratico. Nulla tocca Dada.
La mia saggezza è che esiste una sola cosa profonda nel mondo: il persiflage di se stesso e degli altri. Dada a Roma passeggia soltanto per via Veneto e via Condotti, e prende il tè all’Excelsior. Fa anche delle manifestazioni perché non ha nulla da fare, e carezza le signore eleganti. G. Cantarelli fa delle gite sul lago di Garda.
Chi non è mercante è Dada. Chi sente l’oscurità e la ridda dei numeri opposti è Dada; se trovate tutte le vostre idee inutili e ridicole, se il sì vi è così indifferente quanto il no, e potete innalzarvi dalla vostra vita per guardarla colla soddisfazione che si tratta di una cosa con cui non avete nulla a che fare, sappiate che è Dada che ha cominciato a parlarvi.
Dada è sempre esistito. La Santa Vergine fu già dadaista.
Dada non ha mai ragione, né idee fisse: non è una scuola, non ha cassetto né teoria. Al di fuori di lui non vi è che carne, sudore, officina, palloni gonfiati e dorati, blenorragia, ministero, autosuggestione per pubblica utilità.
Dada però è una cosa senza importanza, ed è anche molto seria¹.
De Rosal
(pseudonimo fittizio di Julius Evola)
¹“Il manifesto del saccaromiceto”, Testo che Evola pubblicò sulla sua rivista “Malombra”, sottotitolata “Numero dedicato a Dada” nel giugno del 1921.
Trascrizione del manoscritto autografo conservato all’Università degli Studi di Milano, Centro Apice, Archivio Scheiwiller,
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Punk di formazione, da sempre si occupa di arte contemporanea e controculture.